Da Stoccolma a Bologna: dieci anni di congressi che hanno cambiato il volto della comunità Huntington

di Elisabetta Caletti, Presidente Huntington Onlus

Il mio viaggio nei congressi internazionali dedicati alla malattia di Huntington è iniziato nel 2012, quando ero referente internazionale dell’AICH Milano. La prima tappa fu a Stoccolma, insieme a Marika Stefani, figlia di Manuel, consigliere della nostra associazione. Marika, che oggi purtroppo non sta bene, allora viaggiava ancora e fu lei a prendere i primi contatti con l’associazione giovanile HDYO, seguendo a lungo le attività dei giovani.

Era un periodo difficile: avevo da poco saputo della malattia di Aldo, e nonostante la mia esperienza professionale da neuropsicologa, conoscere l’Huntington “in famiglia” fu uno shock profondo. A Stoccolma trovai pochi italiani e i meeting tra familiari erano ridotti a piccole rappresentanze, ma quella prima esperienza segnò l’inizio del mio cammino.

Due anni dopo, nel 2014, arrivò Barcellona, con il congresso biennale dell’EHA. Per la prima volta si dedicava una giornata ai familiari, come avverrà anche a Bucarest quest’anno. La partecipazione era ancora limitata, ma il segnale era chiaro: si stava aprendo uno spazio nuovo. La vera svolta arrivò però nel 2015 a Varsavia: l’EHA cambiò formato e mise davvero in contatto i familiari. Fu lì che i congressi assunsero una connotazione emotiva profonda. Non solo scienza, ma relazioni, condivisione, vicinanza. Per me, che fino a quel momento mi ero difesa rifugiandomi nelle sessioni scientifiche, fu un’esperienza toccante e diversa.

Elisabetta Caletti

Nel 2016 partecipai all’EHDN in Olanda. Quell’anno, però, era mancato Aldo ad aprile: andai in rappresentanza dell’associazione, ma con il cuore segnato dal dolore. Fu difficile portare a casa qualcosa da quel congresso, segno di come l’Huntington scandisca le nostre vite a fasi alterne, con momenti molto diversi l’uno dall’altro.

Dopo il silenzio forzato della pandemia, con convegni solo online e privi di calore umano, nel 2022 finalmente ci siamo ritrovati a Bologna, con l’EHDN di nuovo in presenza. La nostra associazione si presentò con una delegazione numerosa e il nostro banner del “viaggio del gene”, simbolo di un percorso che riprendeva vita. Fu una festa collettiva, con scienziati, ricercatori, giornalisti e amici riuniti in un clima di entusiasmo e partecipazione.

Negli anni seguenti ci sono stati altri appuntamenti importanti, da Blankenberge in Belgio fino a Praga. Non sempre ho potuto esserci di persona, ma in ogni conferenza si è rafforzata la stessa consapevolezza: questi incontri non sono solo congressi internazionali, pieni di presentazioni scientifiche e progetti innovativi. Sono soprattutto luoghi dove le famiglie hanno trovato sempre più spazio e voce.

Oggi, ogni congresso rappresenta un’occasione di crescita collettiva e personale: si condividono esperienze, si raccolgono testimonianze, si riflette sulle proprie vite. Tutto questo diventa un patrimonio che torna nelle associazioni, arricchendole di storie, legami e speranze. Perché, come ho imparato in questi dieci anni, ciò che si porta a casa da un congresso non è mai solo informazione, ma la forza di sentirsi parte di una comunità che resiste e cammina insieme.

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