di Simone Casiraghi
C’è un bisogno evidente di dare voce a una categoria invisibile. Ma sempre più indispensabile. C’è un desiderio di denuncia sociale, il supporto di dati-choc non mancano. C’è l’urgenza di colmare un vuoto normativo a tutela di diritti finora non riconosciuti come sostegni economici reali, una formazione obbligatoria anche per medici sulle dinamiche di assistenza, la costituzione di reti psicologiche gratuite in ogni Asl. Ma è la testimonianza di Nicoletta a colpire, quando descrive la rabbia che prova per quella richiesta dell’Asl: si occupi di sua sorella 24 ore su 24. E ora sta rovinando il rapporto con la sorella.
E infine due concetti, innovativi ma choc: quel “dopo di loro” invece del solito “dopo di noi”. E poi Mattia, il sibling nominato Alfiere della Repubblica da Mattarella. La sua storia è commovente: 18 anni e quel paradosso del “glass child”, non perché si considera “fragile”, ma trasparente, anche per i medici. Un modo efficace per spiegare meglio di mille parole l’invisibilità dei fratelli caregiver.

Più di 8 milioni di caregiver in Italia
I caregiver sono milioni di persone in Italia. Per l’Istat sono 8,3 milioni. Lavorano 24 ore al giorno, senza ferie, stipendio o tutele. Lottano ogni giorno contro l’invisibilità, lo sfaldamento economico, il crollo psicologico. Salvano lo Stato da un collasso del welfare, ma lo Stato li tratta come fantasmi. I caregiver familiari – il 77% donne, e nel caso delle malattie rare davanti a sfide assistenziali ancora più complesse – sono il pilastro invisibile di un sistema che li schiaccia tra burocrazia, povertà e solitudine. Mentre la Proposta di Legge 1426 per il loro riconoscimento giace in Commissione Affari Sociali da 18 mesi, le loro vite affondano. Eppure, lo Stato li lascia soli.
Caregiver familiare: riconoscere il valore e garantire i diritti. Un convegno alla Camera dei Deputati
È solo una parte del grido d’allarme risuonato nella sala stampa della Camera durante i lavori del convegno “Caregiver familiare: riconoscere il valore e garantire i diritti“. Inevitabilmente ha riacceso i riflettori su un’emergenza nazionale ancora ignorata. Soprattutto dalla politica. È la stessa on. Ilenia Malavasi, a rilanciare la denuncia. Deputata, membro della Commissione XII Affari Sociali Camera, prima firmataria della proposta di legge “Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno dell’attività di cura e assistenza svolta dal caregiver familiare” (qui il testo completo n. 1426), Malavasi non manca di sottolineare il ritardo di questa norma: “Siamo alla quarta legislatura in cui si discute la legge sui caregiver”, sempre bloccata in commissione Bilancio.
“Ogni giorno senza questa legge è un tradimento dello Stato verso chi lo tiene in piedi. Non esiste nulla in termini di tutele, sostegni e misure strutturali. E ora serve una norma che offra risposte concrete, senza vincoli di convivenza e con protezioni crescenti in base alle necessità assistenziali. È necessario riprendere urgentemente il confronto parlamentare per approvare una legge, questa legge”, ha sottolineato l’onorevole.
In realtà c’è una legge, la 205 del 2017. Ma è rimasta un titolo vuoto. Non solo non esiste nulla in termini giuridici di tutele, sostegni e misure strutturali a garanzia di ruolo e diritti dei caregiver. Ma ha creato un far west dove conta più la discrezionalità dell’Asl che i diritti. A ciò si aggiunge la frammentazione normativa nel Paese: solo 13 Regioni hanno regolamentato questa figura, con l’Emilia-Romagna a fare da apripista con una legge solo di quest’anno. Malavasi torna a sollecitare “politiche che prevedano misure concrete di conciliazione vita-lavoro, supporto psicologico, informazione, formazione specifica, riconoscimento delle competenze e interventi economici tra cui contributi pensionistici, detrazioni spese, sostegni domiciliari, percorsi condivisi in cui il caregiver è uno dei soggetti che, a pieno titolo, discute insieme agli altri professionisti in merito alla costruzione del progetto di vita della persona assistita”.

La testimonianza di Nicoletta, caregiver 24 ore su 24
Ma il dibattito durante i lavori si è molto concentrato anche su altro nuovo fronte. È la testimonianza di Nicoletta De Rossi, presidente di conSlancio Onlus, caregiver prima di suo padre, ora di sua sorella, a squarciare il velo di ritardi, assenze, latitanza e forse anche di ipocrisia delle istituzioni. “L’Asl mi chiede di assistere mia sorella 24 ore su 24. Credo sia semplicemente disumano quello che ci viene richiesto. E allora io chiedo, semplicemente, di prendere consapevolezza di quello che noi facciamo, di capire prima il peso che portiamo ogni giorno”. L’ingranaggio appare perverso. “Si sta rovinando il rapporto con mia sorella. Questa rabbia mi divora”, confessa Nicoletta, con una voce decisa, ma rotta. Assistenza continua senza reti, burocrazia spietata, famiglie lasciate sole a gestire ossigeno, sondini, notti insonni. “Ci chiedono l’impossibile, poi ci colpevolizzano accusandoci di voler “abbandonare” i nostri cari. Ecco perché dico: prima venite a casa un giorno e forse dopo ne riparliamo, perché a parole siamo bravi tutti”. Ma è la domanda finale di Nicoletta ad aggiungere una nuova dimensione drammatica. Dice: “Si è parlato tantissimo del dopo di noi, ci mancherebbe che un genitore non sappia che cosa ne sarà del figlio quando lui non ci sarà più. Ma secondo me è anche il caso di cominciare a parlare del “dopo di loro”, di che cosa ne sarà di noi caregiver. Mia sorella ha una malattia degenerativa. Morirà tra 10-15 anni. Io oggi ne ho 50. Di noi caregiver che cosa ne sarà, chi pensa ai caregiver sopravvissuti?”. Senza tutele, senza futuro, spesso senza nemmeno il diritto di andarsi a prendere un gelato. “Provo molta rabbia. E questo sta rovinando un po’ il rapporto tra mia sorella, e mi dispiace tantissimo. Ma è talmente tanto il peso di quello che mi viene richiesto che si fa veramente fatica”.

Caregiver e sibling, invisibili a tutti
L’urlo di Nicoletta trova eco nella storia di Mattia Indovato, 18 anni, Alfiere della Repubblica e sibling: già una sorella malata, ora il fratello di Damiano, malato raro, morto dopo una vita di cure. “C’è anche un altro termine per definirmi sibling – dice Mattia -, che è glass child, significa letteralmente bambino di vetro. Non indica il sibling come fragile – precisa Mattia , ma esse trasparenti, come il vetro. Perché noi spesso non siamo visti, anzi si vede attraverso di noi. Le istituzioni, i nostri genitori, i dottori vedono attraverso di noi, e vanno oltre. Alla fine siamo messi sempre da parte”. La sua battaglia parte proprio da un gelato: “Volevo solo portare la mia famiglia a prendere un gelato, con la bombola di ossigeno di mio fratello. Sembrava un’impresa spaziale”.
È Stefania Collet, coordinatrice del progetto Rare Sibling di Omar, l’Osservatorio malattie rare, a rassicurare su diversi aspetti: “Sono già tante le associazioni che hanno cominciato a capire che è importante anche il momento di dedicarsi a chi è sano, proprio per evitare che si ammali. Perché lo sappiamo tutti che il rischio è proprio questo”. L’Istat certifica: il 68% dei caregiver sviluppa patologie croniche (fisiche o psicologiche); il 45% ha abbandonato il lavoro, il 32% vive sotto la soglia di povertà. “È una sfida e un rischio quotidiani – rilancia Collet -: aggravati dal fatto che così come non si conoscono le malattie rare, non si conosce nemmeno la loro evoluzione. Nessuna famiglia sa domani che cosa dovrà affrontare”. Lo racconta con la voce che trema, leggendo i suoi appunti. “Leggo, perché quando parlo dei caregiver e e sibling normalmente scoppio a piangere” sussurra quasi scusandosi.
Il momento di assicurare risposte concrete alle famiglie

Poi Collet tira le somme. “Abbiamo fatto tanti progetti insieme, oggi siamo qui davanti e con le istituzioni, siamo qui con molte testimonianze, con le associazioni, con gli esperti, e tutto questo dà un senso all’impegno che tutti stiamo portando avanti da anni facendo i conti con le poche risorse di cui disponiamo. Ora però – è la conclusione-appello di Collet – è veramente arrivato il momento di avere delle risposte, di garantire diritti, di fare in modo che nessuno più si senta trasparente, di assicurare alle famiglie l’aiuto che meritano in termini di sostegni economici, culturali, politici”. Raccoglie l’appello e conclude i lavori Malavasi, ribadendo l’impegno per “una legge nazionale inclusiva, che raccolga i bisogni reali e le condizioni familiari differenti e articolate vissute quotidianamente dai caregiver – ha spiegato Malavasi –.
Risposte concrete, nessun vincolo di convivenza, protezioni crescenti in base alle necessità di cura e assistenza. Anche per questo ho presentato la proposta di legge Istituzione della Giornata nazionale dei fratelli e delle sorelle delle persone affette da malattie rare (n. 2213), che riprende l’impegno avviato nella scorsa Legislatura dalla senatrice Paola Binetti, assegnata poi alla XII Commissione Affari Sociali della Camera. L’istituzione di questa Giornata, il 31 maggio, in concomitanza con quella Europea – ha concluso la parlamentare – rappresenterebbe un riconoscimento fondamentale per tutte quelle persone il cui vissuto emotivo rimane tuttora ‘invisibile’. È necessario riprendere urgentemente il confronto parlamentare per approvare una legge, questa legge”, ha chiuso Malavasi.
Per approfondimenti:
- Dati ISTAT 2025 “Caregiver familiari: impatto socio-economico”
- Testimonianze dirette dall’evento “Caregiver familiare: riconoscere il valore e garantire i diritti” (Camera dei Deputati, 25/07/2025)
- Rapporti OMaR (Osservatorio Malattie Rare) su fragilità dei caregiver
- PDL 1426: Disposizioni per caregiver familiari
- PDL 2213: Giornata Nazionale Sibling
- Portale Rare Sibling: www.raresibling.it